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Durante il World Expo, lo scorso anno, ho parlato con Alessandra di Fairtrade Italia. Abbiamo discusso una varietà di soggetti interessanti, per esempio: il tema di EXPO e la la mission di Fairtrade, la sistema per certificazione dei prodotti, la vita e il lavoro dei coltivatori, ecc. Seguente – potete leggere tutta la intervista.


During the World Expo, last year, I spoke with Alessandra of Fairtrade Italy. We discussed a variety of interesting subjects, as for example: the theme of EXPO 2015 and the mission of Fairtrade, their system for the certification of products, the life and work of farmers, and much more. Below – you’ll find the entire interview.


Pascal – Allora grazie mille Alessandra per l’intervista. La prima domanda é: La partecipazione di Fairtrade all’Expo. Qual era il ragionamento a proposito di esso, gli obiettivi e qual è il tuo coinvolgimento nei cluster?

Alessandra – Grazie Pascal per questa intervista. Il percorso della partecipazione di Fairtrade Italia a Expo è iniziato due anni e mezzo fa, quando ci è stata offerta l’opportunità di essere presenti, in quanto soggetto della società civile. Ci siamo chiesti se partecipare o meno a Expo, visto il tema in linea con la mission di Fairtrade e la partecipazione di diverse realtà del nostro sistema. E la decisione del Consiglio di Amministrazione di Fairtrade Italia è stata quella di partecipare per presentare il sistema di certificazione Fairtrade come un modello, come una “best practice”, in cui gli agricoltori e i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo sono al centro, praticamente, della filiera. Che cosa significa? Significa, sostanzialmente, portare il sistema Fairtrade come una “best practice” che garantisce che le condizioni di chi lavora all’inizio della filiera, cioè dei produttori, siano responsabili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Quindi la motivazione è stata proprio questa, mostrare come il sistema Fairtrade rappresenti un modello in grado di assicurare una filiera agricola sostenibile, con un focus sui Paesi in via di sviluppo, ovviamente, visto il tema di Expo. Il tema di Expo “Nutrire il Pianeta” rappresenta esattamente il lavoro che Fairtrade, sostanzialmente, porta avanti ogni giorno da 25 anni.

Fairtrade è presente all’Expo con due diversi temi. Il tema più generale è quello dell’empowerment, quindi il sistema Fairtrade come strumento di empowerment non solo per gli agricoltori e i lavoratori di paesi in via di sviluppo, ma anche verso i consumatori, le aziende, e sostanzialmente anche l’ambiente, con l’obiettivo quindi di comunicare come il sistema Fairtrade sia un sistema che crea un’energia positiva non solo per gli agricoltori e i lavoratori nei paesi in via di sviluppo, per le donne e per l’ambiente ma anche per il consumatore e le aziende licenziatarie, che scelgono, in Italia piuttosto che in altri paesi, in Europa, in America, in Giappone, dove il sistema Fairtrade è presente, i prodotti Fairtrade.

Il consumatore, quando acquista, ha il potere di decidere se acquistare un caffè certificato Fairtrade piuttosto che un caffè non certificato Fairtrade, così un’azienda, quando sviluppa un prodotto, può decidere di utilizzare una materia prima certificata Fairtrade o una materia prima che non è certificata Fairtrade, e quindi che non assicura una sostenibilità, dal punto di vista ambientale e sociale ed economico agli agricoltori e ai lavoratori. Questo è il concetto di empowerment. Abbiamo deciso di focalizzarlo all’interno di un prodotto. Abbiamo pensato che, visto che l’Expo portava questo tema innovativo dei cluster, e quindi del focus su determinati prodotti, abbiamo deciso anche noi di focalizzarci su un determinato prodotto, già previsto all’interno di un cluster, quello del cacao, con un focus specifico sul cacao certificato Fairtrade: energia positiva per l’empowerment delle persone e dell’ambiente. L’obiettivo era proprio quello di comunicare a tutte le persone che sono presenti a Expo, dai visitatori alle istituzioni, alle aziende, ai consumatori, che normalmente, quando si pensa al cacao viene in mente qualcosa di piacevole, che ci dà un’energia positiva, pur rimanendo legati al tema dell’energia di Expo. Effettivamente, se noi andiamo ad analizzare la filiera del cacao, scopriamo che, in verità, il cacao può produrre una grande energia negativa per le persone che lo coltivano e per l’ambiente perché c’è un grande sfruttamento degli agricoltori, un grande utilizzo della manodopera minorile, le donne non sono coinvolte in questo tipo di agricoltura così come l’ambiente è molto sfruttato. Fairtrade, invece, vuole trasmettere questo messaggio: chi sceglie il cacao Fairtrade può creare un’energia positiva per l’ambiente e anche per le persone che lo coltivano. Quindi ecco perché siamo presenti al cluster del cacao/cioccolato. Inoltre, il cluster del cacao e cioccolato è stato dato in gestione a Euro Chocolate, un partner con cui noi collaboriamo da anni relativamente a un evento che organizzano ogni anno a Perugia. È stato pertanto naturale lavorare insieme anche a Expo, con la stessa modalità con cui collaboriamo a Perugia: attraverso la presenza di nostri stand con prodotti certificati Fairtrade e l’organizzazione di una serie di eventi presso l’Area Teatro dei Cluster Cacao e Cioccolato, proprio con l’obiettivo di far conoscere al produttore che è a Expo il cacao/cioccolato Fairtrade e come questo possa essere anche utilizzato in ricette più o meno quotidiane, dico più o meno quotidiane perché ci sono stati show cooking dal gelato al risotto ai peperoni con una spolverata di scaglie di cacao Fairtrade, quindi anche piatti prestigiosi…

Pascal – Siete presenti solo al Cluster del Cacao o anche in quello del Caffè?

Alessandra – Con la presenza di prodotti siamo nei cluster cacao e cioccolato, dove c’è uno street stand aperto dal primo maggio al 31 ottobre, e ci sono prodotti nell’area del supermercato del futuro, nell’area Coop, perché Coop è un distributore di prodotti certificati Fairtrade, con il proprio brand Solidal Coop. I prodotti, poi, sono presenti nell’area della biodiversità, dove c’è un supermercato del biologico e un ristorante che è gestito da un nostro licenziatario, Alce Nero, e poi siamo presenti anche nel padiglione della Francia, in cui viene servito caffè certificato Fairtrade. Quindi queste sono le aree dove noi siamo presenti con i prodotti. Qui, quotidianamente un visitatore che entra all’Expo può acquistare prodotti certificati Fairtrade.

Pascal – In ogni modo, non ci sono solo prodotti Fairtrade venduti all’Expo, ma anche altri.

Alessandra – Nel cluster del cacao c’è solo uno stand in cui si vendono prodotti certificati Fairtrade. Al supermercato Coop e al supermercato del biologico, vengono venduti anche altri prodotti.

Pascal – Perché vostri prodotti sono migliori dei prodotti non Fairtrade?

Alessandra – Perché assicurano ad agricoltori e lavoratori determinate condizioni di lavoro e di vita. Prendiamo ad esempio la banana. Esistono realtà di piccoli coltivatori di banane che si organizzano in cooperative, ma la grande maggioranza della coltivazione della banana è attraverso le piantagioni. Che cosa significa? C’è un proprietario della piantagione e dei lavoratori dipendenti. Ovviamente gli agricoltori che hanno piccoli appezzamenti propri e si raggruppano in cooperativa vivono delle situazioni diverse da chi è un lavoratore dipendente di un’azienda. Quindi il sistema Fairtrade è sviluppato in due diversi tipi di standard, con dei criteri differenti, anche se ci sono situazioni in cui possono coincidere. Che cosa significa, ad esempio, se un visitatore arriva all’Expo e acquista una barretta di cioccolato certificata Fairtrade? Significa che il coltivatore da cui è stato acquistato il cacao, per poter fare quella tavoletta di cioccolato, ha ricevuto un pagamento equo. Quello che noi chiamiamo Fairtrade price, che è un prezzo che permette di coprire le spese di produzione e soddisfare i propri bisogni essenziali. Ha ricevuto poi un premium, che viene utilizzato dalla comunità, dalla comunità locale, per progetti di tipo sociale ed economico. Quando, ad esempio, è necessario acquistare dei macchinari per poter trasformare il cacao piuttosto che costruire un ponte. Gli standard Fairtrade, inoltre, assicurano sostenibilità sociale, attraverso il rispetto di tutti i diritti dei lavoratori, la parità di genere, il divieto dell’uso di manodopera minorile e poi una sostenibilità ambientale perché i criteri Fairtrade favoriscono l’uso di tecniche della coltivazione biologica o della lotta integrata. Questo significa un tipo di coltivazione che ha un basso impatto sull’ambiente per cui il coltivatore che vende il proprio cacao all’interno del circuito Fairtrade ha la possibilità di avere determinate condizioni economiche, sociali e ambientali.

Pascal – E quando Fairtrade ha deciso di partecipare all’Expo?

Alessandra – Quando abbiamo deciso di partecipare all’Expo?

Pascal – Sì…

Alessandra – Abbiamo deciso circa due anni fa, due anni e mezzo fa.

Pascal – E’ stata Expo ad invitare Fairtrade oppure…?

Alessandra – Allora, Expo aveva, sostanzialmente, aperto la possibilità di partecipare, anche ad organizzazioni internazionali della società civile. Infatti Fairtrade è un servizio CB Society Participants, quindi non solo Official Participant come paesi ma anche Civil Society Participant, quindi un’organizzazione internazionale.

Pascal – E non sono presenti solo brand come Coca Cola e altri?

Alessandra – No, no, no. Anche organizzazioni internazionali che, quotidianamente, lavoravano per la sostenibilità, sostanzialmente, nella filiera del cibo. Quindi l’unica richiesta che faceva Expo è che fosse un’organizzazione internazionale, non una singola organizzazione italiana, proprio perché Expo è un evento internazionale. Nel momento in cui Expo ha annunciato la possibilità che realtà come Fairtrade potessero partecipare, noi abbiamo inviato il nostro team statement, che è stato approvato, e quindi una volta che è stato approvato siamo stati autorizzati ad essere uno dei Civil Society Participants.

Pascal – Non ha un proprio padiglione?

Alessandra – No, noi non abbiamo un padiglione perché avrebbe comportato un investimento in termini di risorse umane e finanziarie non sostenibile per Fairtrade Italia.

Pascal – Ok. Quanti soldi?

Alessandra – Era un investimento. Ora, veramente, non ricordo della cifra però era un investimento molto, molto importante e comunque poi, al di là dello spazio da pagare, c’era anche un impegno di risorse umane, ovviamente. Un Expo aperto 7 giorni su 7, per sei mesi, dalle nove a mezzanotte, ormai…

Pascal – Sì, sì, sì…

Alessandra – … Significava impiegare risorse umane e quindi avere a disposizione un determinato budget per…

Pascal – Quindi voi arrivate qui solo per gli eventi

Alessandra – Esattamente! Noi partecipiamo solo agli eventi. Ci sono delle persone, ovviamente, presenti nell’area dello street stand del cluster del cacao/cioccolato ma è tutto sotto l’organizzazione di Euro Chocolate.

Pascal – Anche se l’hai già detto, qual è secondo te una filiera sosteniile?

Alessandra – Dal punto di vista…

Pascal – Dagli agricoltori al consumatore.

Alessandra – Ok. Parto dal consumatore. Il consumatore può, nel momento stesso in cui si trova in un punto vendita che ha prodotti certificati Fairtrade, scegliere di acquistare un prodotto certificato Fairtrade. Un prodotto certificato Fairtrade porta sempre il marchio di certificazione. Nel momento stesso in cui, ad esempio, il consumatore acquista un caffè certificato Fairtrade, che ha nella confezione il marchio di certificazione Fairtrade, significa che quel caffè è stato trasformato, tostato e macinato, se parliamo di caffè macinato, in Italia, ad esempio se prendo un’azienda italiana, che è dentro al sistema di certificazione Fairtrade, quindi è un’azienda certificata Fairtrade e la certificazione, il controllo di quest’azienda, nel momento stesso in cui trasforma il prodotto, viene direttamente dall’Ente di Certificazione internazionale, che ha sede a Bonn, e quest’azienda, per poter essere certificata, deve acquistare del caffè Fairtrade direttamente o da dei coltivatori di caffè certificati Fairtrade, se importa direttamente, quindi ad esempio dalla cooperativa di caffè presente in Costa Rica, o, se non importa direttamente, da un importatore certificato a sua volta in Europa, piuttosto che in Italia.

Quali sono i criteri che gli agricoltori, ad esempio di caffè, devono seguire per poter essere certificati e poi anche trader? L’azienda che trasforma, che importa, noi la definiamo trader. L’azienda che distribuisce nel mercato finale il prodotto in Italia la chiamiamo licenziataria, cioè un’azienda che è stata autorizzata ad utilizzare un marchio di certificazione Fairtrade. Allora, gli agricoltori di caffè, ad esempio, in Costa Rica devono anche loro soddisfare dei criteri per avere la certificazione. Il prezzo equo è qualcosa che paga l’importatore, trader, sostanzialmente, ma anche gli stessi agricoltori devono assicurare che non ci sia lavoro minorile, che non ci sia sfruttamento. Così come il fatto di utilizzare determinate tecniche agricole che hanno un basso impatto sull’ambiente, non è una responsabilità del trader ma è una responsabilità degli agricoltori. Quindi è un meccanismo in cui lo stesso agricoltore ha una responsabilità nell’assicurare lo sviluppo sostenibile e sociale del luogo. Qual è il meccanismo? Ovviamente se io sono in una situazione di estrema povertà è più facile che chieda ai miei figli di venire a lavorare nel mio appezzamento di terra, perché ho bisogno di vendere, e ho bisogno di manodopera, fondamentalmente. Se, invece, il mio cacao, o il mio caffè, mi viene pagato ad un prezzo equo, io quello che produco lo vendo, lo vendo a un determinato prezzo che mi permette di coprire i costi di produzione, soddisfare i miei bisogni fondamentali, soddisfare i bisogni fondamentali della mia famiglia, quindi mi permette, ad esempio, di poter mandare i miei figli a scuola e non di venire a lavorare nel mio appezzamento di terra.

Pascal – Okay. Come potete controllare questa strada di prodotti?

Alessandra – Allora, cioè la certificazione prevede proprio, come tutti i sistemi di certificazione, delle ispezioni e quindi a seconda della realtà c’è un’ispezione che può essere fatta ogni anno, o ogni due anni, o anche più volte l’anno. C’è una percentuale di rischio che viene affidato ad ogni realtà. Sostanzialmente se sei high risk o low risk, hai visite ispettive più frequenti o meno frequenti e l’ispettore redige un report. Il Comitato di certificazione, poi, valuta questo report positivamente o negativamente. Idem per i trader. Fondamentalmente che cos’è che si controlla nel momento stesso in cui si va a ispezionare la sede, ad esempio, di un’azienda che importa caffè? Si verifica che effettivamente la classica fattura dimostri che è stato acquistato da un produttore certificato Fairtrade, c’è un controllo sui dati in entrata e in uscita in pratica. Se io ho acquistato 100 chili di caffè posso far uscire meno chili di caffè perché comunque c’è una perdita nella produzione. Se risulta che io, invece, ho venduto 150 chili di caffè certificati Fairtrade significa che sto vendendo 50 chili di caffè che dichiaro come certificati Fairtrade ma che non sono Fairtrade perché ne ho acquistati solo 100. Quindi nei trader che sono anche trasformatori ho un controllo fondamentalmente cartaceo, perché quello che noi controlliamo è che il trader deve avere un contratto con la cooperativa da cui acquista. Noi sappiamo che ad esempio uno dei grandi problemi è che le grandi aziende oggi acquistano da un gruppo di coltivatori, domani acquistano da un altro gruppo di coltivatori perché, magari, il cacao costa meno etc., etc. Invece, il fatto di poter avere un contratto assicura ovviamente ai coltivatori un rapporto di lunga durata con un’azienda. Il contratto contiene tutte le informazioni che riguardano il prezzo che dev’essere pagato, che viene stabilito da un Fairtrader e il premio che dev’essere pagato e tutti i termini di condizioni di pagamento e quindi, appunto, c’è questo controllo cartaceo, sempre fatto dagli ispettori. Chi non rispetta i criteri, viene de certificato.

Pascal – Ci sono state occasioni in cui avete scoperto che un produttore non ha soddisfa i criteri che un fairtrader deve avere?

Alessandra –Sì è accaduto. Ci sono stati sia agricoltori che traders che sono stati decertificati. I nostri standard di certificazione prevedono che se non soddisfi determinati criteri, automaticamente vieni decertificato. Se non ne soddisfi altri criteri viene dato il tempo per regolarizzare la situazione. Se entro quel tempo non hai regolarizzato la situazione, vieni decertificato. Quindi non è automatico che nel momento stesso in cui l’ispezione individua delle non conformità, avviene la decertificazione. Dipende se la non conformità è grave o meno, sostanzialmente.

Pascal – Ovviamente, vengono mosse delle critiche a Fairtrade, alcuni dicono che si tratta solo di business, oppure che è diventato un business di multinazionali come per esempio Nestlé, Coca Cola, che sono qui. Che Fairtrade insomma si è allontanato dall’idea di essere un sistema di commercio davvero equo, solidale e sostenibile.

Alessandra – Allora, secondo me è importante anche guardare e ricordare perché è nato il sistema di certificazione Fairtrade. Il sistema di certificazione Fairtrade è nato proprio con l’obiettivo di sviluppare il mercato dei prodotti del commercio equo permettendo alle aziende di sviluppare filiere certificate Fairtrade. Quindi Fairtrade nasce con l’obiettivo di dire: “Tu, azienda, che hai un caffè non certificato Fairtrade, nel momento in cui vai a sviluppare un nuovo prodotto, pensa di sviluppare una filiera sostenibile”. Noi in ufficio, ogni tanto, sorridiamo, rispetto al tema di Expo, perché diciamo: “Ma come? E’ quello che Fairtrade ha sempre fatto, ed è la sua mission quella di avere una filiera sostenibile”. Quindi Fairtrade è nato per lavorare con le aziende, ha sempre creduto nel ruolo dell’azienda come soggetto del mercato che può contribuire, facendo determinate scelte, a una sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Che cos’è accaduto? Che, sicuramente, negli anni, grandi aziende multinazionali si sono avvicinate al sistema Fairtrade ma il sistema Fairtrade non era in grado di dare una risposta alle necessità di queste aziende, necessità in termini di volumi. Noi non siamo in grado, ad esempio, di fornire alla Nestlé tutto il cacao certificato Fairtrade, perché i volumi del nostro sistema di produzione sono inferiori rispetto ai consumi totali dell’azienda certificata, di Nestlé, ad esempio, piuttosto che di altre multinazionali. Quindi che cosa si è deciso di fare per queste aziende? Dal momento che noi non saremo mai in grado di fornire a Nestlé il 100% di cacao Fairtrade necessario per la sua produzione, Fairtrade International ha deciso di sviluppare questo sistema che si chiama di Balance, cioè io permetto a te, azienda, di dire che tu utilizzi, all’interno dei tuoi prodotti, del cacao certificato Fairtrade, non ci metto il marchio di certificazione ma quindi, sostanzialmente, tu, come azienda, puoi scrivere, puoi comunicare che stai appoggiando il progetto Fairtrade. Che cosa si chiede, ovviamente, a queste aziende? Di pagare ai coltivatori il prezzo equo, di pagare il premium. Quindi l’allargamento del sistema Fairtrade verso le multinazionali c’è stato, ed è effettivo.

Pascal – Anche voi siete una multinazionale, perché presenti a in molti Paesi?

Alessandra – Siamo attivi in molti Paesi, ma ad esempio il lavoro che si sta facendo con alcune multinazionali è molto importante, sta cambiando veramente la vita dei coltivatori in quei paesi. Il sistema Fairtrade, giustamente, si è posto anche il problema: “Ma come? Io, a priori, decido che non lavoro con le multinazionali e quindi escludo comunque molti coltivatori dalla possibilità di migliorare le loro condizioni di vita perché l’impatto che loro possono avere in termini di volume è molto importante, in certe filiere e in certi paesi”.

Pascal – In questi paesi siete attivi adesso?

Alessandra – Sì, e ad esempio il progetto che si sta portando avanti con la Ferrero con il cacao in Costa d’Avorio è un progetto molto importante, che è iniziato circa due anni fa nel nostro sistema e sta coinvolgendo molti coltivatori di cacao della Costa d’Avorio.

Questo tipo di programma, che Fairtrade International ha sviluppato con le multinazionali, riguarda tre prodotti: Il cacao, il cotone e il caffè. Infatti si parla di Fairtrade Cocoa Program. Quindi non di certificazione ma un programma, fondamentalmente, di supporto agli agricoltori del sistema di certificazione Fairtrade che una multinazionale può scegliere, all’interno della propria filiera e all’interno delle proprie scelte di sostenibilità.

Pascal – Allora, grazie mille per questa intervista.

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